Ci sono battaglie,  culturali e non solo, che valgono la pena di essere combattute, quale che sia il risultato. Ci sono vittorie che portano con sè un sapore amaro della disfatta, sconfitte che celano un successo, o quantomeno l’affermazione di un diritto.

Quest’ultimo è il caso di una battaglia iniziata da FENASCOP davanti al Giudice Amministrativo iniziata, davanti al Tribunale Amministrativo Regionale del Piemonte nel 2008 e conclusasi in questi giorni con la Sentenza del Consiglio Di Stato – III Sezione N. 411 pubblicata il 22.1.2018.

Vogliamo raccontare questa vicenda, senza entrare (per quanto possibile) troppo nei dettagli tecnici particolarmente complessi non solo sotto il profilo di diritto (per quanto riguarda il merito della questione, ma soprattutto con riferimento alla procedura del giudizio amministrativo), precisando che si tratta della prima volta che la Giustizia Amministrativa si occupa non di provvedimenti a carattere generale relativi all’assistenza psichiatrica, ma della differenza tra prestazioni psichiatriche ospedaliere ed extra ospedaliere e dei confini tra esse, almeno per quanto riguarda provvedimenti a carattere generali; nonchè dei limiti esistenti rispetto alla Cura psichiatrica in regime ospedaliero, che deve essere residuale ed eccezionale: in altre parole, il confine stesso tra la cura psichiatrica e l’istituzionalizzazione ospedaliera.

I provvedimenti impugnati da FENASCOP, infatti, erano accordi tra la Regione Piemonte e le associazioni di categoria della Cliniche private, nello specifico le Case di Cura ad indirizzo Neuro psichiatrico, che a fronte di una riduzione di posti letto venivano utilizzate dal Servizio Sanitario Regionale per ricoveri di pazienti post acuti ed addirittura di lungo degenza psichiatrica che avrebbero dovuto invece accedere alla assistenza residenziale extra ospedaliera (le Comunità Terapeutiche, insomma). Per di più, gli accordi prevedevano invio diretto del paziente psichiatrico da parte dei Medici di MMG e del Pronto Soccorso, tariffe superiori a quelle extra ospedaliere, meccanismi di silenzio assenso in caso di mancata autorizzazione del Dipartimento di Salute Mentale, “passaggio diretto” del paziente ricoverato tra i diversi reparti della Casa di Cura: il contrario di quanto previsto dalla L. 180 e successive integrazioni, insomma. ; perchè la Casa di Cura è una struttura ospedaliera, nel caso della neuropsichiatria, una struttura ospedaliera psichiatrica o un reparto ospedaliero psichiatrico di una struttura ospedaliera con più reparti differenti per disciplina. Qualcosa che è vietato alle strutture ospedaliere pubbliche, che possono avere come noto solo ed esclusivamente un reparto denominato Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC) per i ricoveri coatti (TSO) o volontari urgenti per pazienti in fase acuta della patologia psichiatrica, con tempi e procedure a garanzia della mancata istituzionalizzazione del paziente.

Da tenere presente che ormai in tutta Italia le strutture ospedaliere psichiatriche private, le Case di Cura, in molte regioni ancora presenti e utilizzate (oltre al Piemonte, in Lazio, Emilia Romagna, Abruzzo ad esempio) sono state “trasformate” o ne è comunque prevista la trasformazione in strutture extra ospedaliere. Meglio tardi che mai, dato che quest’anno ricorre il quarantennale dell’approvazione della L. 180 ” Basaglia”.

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Avv. Emilio Robotti
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