Come spesso accade, alcuni episodi di cronaca di rilievo penale hanno riacceso il dibattito sulla salute mentale, nel quale alcune associazioni di familiari avevano già sollevato il problema della gestione delle strutture residenziali extra ospedaliere per pazienti psichiatrici, che debbono ovviamente fare i conti con le norme di prevenzione del contagio Covid-19.

In particolare, da parte di alcune Associazioni di famigliari di pazienti psichiatrici viene sottolineato come, nelle strutture gestite dal “privato”, profit o no profit che sia, sarebbero messe in atto forme di confinamento eccessivo, enfaticamente definite quali forme di “reclusione”, asseritamente permesse alle strutture “private” in opposizione a quanto avverrebbe in strutture gestite dal “pubblico”.

Ancora, da parte di alcune di queste associazioni, viene affermato che la cura e l’assistenza dei pazienti psichiatrici in fase sub acuta in strutture residenziali debba essere sempre considerata un disvalore, una automatica istituzionalizzazione di tipo neo manicomiale rispetto ad una gestione “territoriale” degli stessi che sarebbe, a detta delle stesse Associazioni di Famigliari, più efficace ed economicamente vantaggiosa.

 

Il Consiglio Nazionale di Fenascop (Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psichiatriche) che rappresenta dal 1993 le strutture psichiatriche residenziali extraospedaliere per pazienti psichiatrici, nate in contrapposizione e a superamento dei Manicomi, precisa che:

  • Non esiste nessuna “gestione privata” di strutture che si occupano di pazienti, siano essi minori od adulti, afferenti all’area della salute mentale. Esistono strutture private che gestiscono un servizio pubblico in nome e per conto del Servizio Sanitario Nazionale, in regime di accreditamento istituzionale e di accordo contrattuale con la Sanità Pubblica;
  • Il regime di accreditamento, che riguarda tutte le strutture che erogano prestazioni ai cittadini per i vari Servizi Sanitari Regionali, prevede che vengano rispettati, da parte delle strutture accreditate, rigidi standard di natura strutturale ed organizzativa. La vigilanza sul rispetto degli standard spetta alle Aziende Sanitarie Locali in quanto delegate dall’Ente Regione, secondo le scelte organizzative regionali;
  • L’inserimento in strutture residenziali è, per sua natura e per previsione normativa, a tempo determinato e si basa su precisi programmi terapeutico riabilitativi individualizzati soggetti a periodica revisione. La conclusione di questi progetti viene concertata tra la struttura ed il Servizio territorialmente competente, spesso su sollecitazione delle stesse strutture residenziali, e gli eventuali ritardi nella dimissione sono determinati il più delle volte dall’incapacità da parte dei Servizi e degli stessi famigliari di riaccogliere i pazienti anche al termine di percorsi terapeutici virtuosi che hanno determinato, circa le problematiche oggetto del trattamento, evidenti progressi. Pensare che tutto questo possa magicamente risolversi comprimendo gli spazi delle strutture residenziali a favore di una mistificata “territorializzazione” del servizio di assistenza ai pazienti psichiatrici (a prescindere dal fatto che l’assistenza psichiatrica sul territorio vada comunque rinforzata e su di essa si debba investire innanzitutto in termini di efficienza del sistema), non farebbe che enfatizzare le problematiche di convivenza sociale, amplificando lo stigma verso persone che hanno bisogno di una rete di interventi sanitari in tema di prevenzione e cura a vari livelli di intensità terapeutica e di tipologia (residenziale, semi residenziale, domiciliare ecc.).
  • Non si nega siano esistite, o possano esistere “mele marce”, ovvero casi di malasanità anche nel sistema delle strutture residenziali dell’area adulti e minori della salute mentale. Così come sono esistiti purtroppo casi di interventi, al di fuori delle strutture residenziali, per effettuare Trattamenti Sanitari Obbligatori che si sono risolti con gravi violazioni dei diritti dei pazienti psichiatrici e addirittura con la loro morte. Ma il controllo del sistema spetta ad appositi organismi pubblici verso i quali, probabilmente, vanno indirizzate le censure. Il sistema del servizio pubblico della residenzialità gestita dal privato profit o no profit è nel suo complesso sano ed offre un servizio efficiente ed efficace.
  • Per concludere, il tema della gestione delle strutture in periodo Covid: spiace non venga compreso che i limiti posti dalle strutture residenziali circa le possibilità di socializzazione dei pazienti inseriti siano determinati da un lato da normative nazionali e regionali giustamente rigidissime alle quali non è possibile derogare, dall’altro dalla necessità di tutelare in via prioritaria la salute dei pazienti che, vivendo in struttura comunitaria, sono maggiormente esposti al pericolo di un contagio che, a quel punto, avrebbe come possibile conseguenza l’insorgere di un focolaio.

 

Su questi ed altri temi Fenascop è disponibile ad un confronto con tutti gli attori che si sentono coinvolti con l’obiettivo di stimolare un dibattito costruttivo, scevro da pregiudizi o preconcetti di natura ideologica, per far sì che il nostro Servizio Sanitario possa finalmente dare la giusta importanza, in termini di investimenti e di ricerca della qualità del servizio reso ai cittadini, per il settore della Salute Mentale.

Torino, 1 ottobre 2020

                                                                                   FENASCOP NAZIONALE

Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psicosocioterapeutiche